Thursday, 19 May 2011

{GABBIA 13}


Due momenti della Mensa sull'abisso catturati e digeriti dalla nostra stupenda Ribbon

Sono un po' stanca delle parole. Le userò molto ancora, per raccontarvi quest'esperienza (e perché ne sono drogata, ahimè), ma ho deciso di non scrivere nulla di troppo (almeno per ora) riguardo la performance Mensa sull'abisso. Uno dei motivi che mi ha portato a mettermi in gioco in modo così totale e fisico, intenso, fattivo, è proprio la nausea che sto accumulando per il verbo. Basta. Non ne posso più. Dovevo fare le cose per davvero. Questo è uno dei tanti moti che mi ha spinto ad architettare tutto quel meccanismo...
Se confesso questo rifiuto per le parole, in parte è senz'altro anche per via di David C. Fragale, che, in quanto amico imprescindibile e in quanto co-papà di Una Specie di Spazio, mi ha spinto in questa fase per almeno due motivi:
1 - a furia di discuture ore e ore di cosa fare per Gabbia (è stato un fottuto parto, Federico Fronterrè (l'altro co-papà) e Alessia Degani lo sanno bene), io non ne posso più di spiegare le mie idee;
2 -  sul linguaggio, lui ha un esercito di teorie e contro-teorie che mi hanno mandato la testa in corto circuito.
A ciò, aggiungete che diffido di mio delle parole, da anni or sono.
Quindi, per un po', mi conterrò. Non nella quantità, forse (la strada per la sintesi è dura, per me), ma piuttosto negli intenti: i concetti più articolati li voglio trasmettere in un altro modo. Chi sabato c'era, può intuire cosa intendo. Per chi non c'era: mi dispiace. Io ve l'avevo detto...!

Comunque, a raccontare ciò che è successo sabato c'é molto altro e presto lo condividerò anche qui: foto su foto su foto, parole non mie ma di chi mi è stato vicino e infine il video di Eugenio Villani (grazie!).

Solo ancora due parole di troppo, mi permetto stasera. Due parole che sto usando anche a voce, con tutti quelli che mi chiedono un resoconto della performance. Due parole indegnamente pretenziose e ingombranti, esagerate, improponibili, ma che sento vere e insostituibili e che quindi voglio scrivere, a costo di svelare un'eccessiva superbia o forse anche solo un ingenuo ottimismo... Le due parole sono:
catarsi collettiva.

Ecco.
Perché sì, il rito cui puntavo è riuscito.
Forse, la soddisfazione più grande della mia vita.
Grazie ancora, a tutti.


P.S.: Il blog resta ingabbiato, ma può darsi che prossimamente tornino anche vari post extra Gabbia, perché la vita continua e continuano pure le cose da raccontare!

3 comments:

Calzino said...

Eta, le parole non servono più, forse non sono mai servite. Tu parli già da sola coi tuoi disegni, le tue immagini, i tuoi occhi. Ringrazio solo le decine di foto che avete postato sia tu che Ribbon: un pochino è come essere stata lì con voi.
Non sai che rabbia essermi persa questo momento così catartico e importante.

Beto said...

mm. al prossimo voglio esserci. col naso morbido.

Eta said...

@ Calzino
Basta parole, sì...
=)

@ Beto
Mi spiace un sacco non averti avuto lì!!! :S