Ho focolai acustici negli auricolari, avvolta in una coperta calda su un divano di pelle illuminato basso.
Vorrei scrivere tante cose, ma è ora che dorma anch'io.
Riduco gli impasti garbugli sotto i miei capelli a una sola questione.
Sto disegnando.
Non molto.
Ma sto disegnando.
Il mio carnet continua a seguirmi.
Chiaro.
Ma, ahi ahi, come quando aprii il blog, non ho uno scanner (o meglio, è lontano una millata di chilometri). Per un po', quindi, posterò disegni con più parsimonia.
La natura attorno ai canali che vedo sfrecciando sulla mia bici bianca, o il muschio verde brillante sugli alberi dai tronchi scuri e tanto ramificati, sono la Primavera più onesta che abbia mai conosciuto nei miei pochi anni di vita. I miei amati albicocchi e ciliegi italiani sono teneri e viziati, con l'arrivo del caldo. Qui la conquista del calore è cosa un po' più seria. Questa Primavera mi sembra più fiera. Quando concede un raggio di sole mattutino o al tramonto, è anche grata.
La realtà (le piante, la caraffa d'acqua con il riflesso di luce nel vetro, le persone che dormono al di là della tenda, i mattoni scuri e rossicci dei palazzi del centro, i corvi, le gazze ladre, il legno lucido della scrivania, l'intreccio del mio maglione, le mie unghie precise sui tasti, l'ombra delle rifiniture del mio monitor, i giochi di luce sulla maniglia che fisso quando mi siedo sulla tazza, l'inchiostro dentro la mia penna, il cielo di cui tutti mi chiedono descrizioni, i corpi che osservo, gli angoli della bocca che tradiscono la timidezza, i capelli delle orientali, i solchi del vinile), la realtà, la realtà appartiene a un'ordine superiore rispetto a quello della sua riproduzione.
Disegnando la realtà, mi sento la peggiore delle menzognere, o la prima dei perdenti.
Non per tecnica, sia chiaro. Questione d'ordine delle cose. Di significato e significante, se volete.
Eppure non posso fare a meno di contemplare ogni cosa che la luce cela o dichiara.
Non credo di voler rinunciare a questa mania.
Anche perché vedo che pochi umani sanno vedere.
Disegnare, dunque, è nuovamente un modo per comunicare.
Per ora continuo a cercare di cogliere con poche linee, o velocemente. D'altronde ho sempre poco tempo per cogliere quello che ho davanti (spesso sono cose che si muovono, spesso sono umani).
Sin dagli schizzi di ogni pittore fino alla rivoluzione iniziata con l'Impressionismo, resto primariamente legata alla forte reinterpretazione della realtà (quella che comunemente pare essere la realtà, intendo). Ma ogni volta che guardate quei dipinti che cercano maggiore "fedeltà", che sia iperrealismo o Caravaggio, ricordatevi molto bene che quel disegnatore è stato ogni cosa che ha disegnato. Per favore, non cercate la pennellata, pensate a ciò che ha fatto lui per arrivare a quel risultato: è stato tutto. Siate tutto.
Alzate gli occhi, ora.
Cos'avete di fronte?
Vostra moglie?
La finestra intasata di grattacieli?
Una peperonata andata a male?
Il compagno di classe che vi prende in giro?
Dimenticate a che nome rispondono tutte queste cose, i nomi sono gabbie, siate queste cose.
Siate la palpebra che si abbassa del vostro collega, siate la luce che si trattiene tra una ruga e un labbro di vostro nonno, siate le fibre del foglio che avete strappato.
Siatelo, perché lo siete già.
Probabilmente dopo vorrete disegnare.
Scoprite che sapete farlo.
Oppure non fatelo, ma imparate a vedere.
Io, ora come ora, sto bene anche senza disegnare.
Ho molte idee e zigomi che ombreggerei giornenotte, ma per la prima volta in vita mia questa non è un più un'ossessione.
Intanto vedo, sono.
Ho tanto a cui badare, mentre giro tra un canale e l'altro, qui a Utrecht.
Per la prima volta, non desidero nè accelerare il tempo, nè fermarlo.
Non ho ansia di fare ciò che dovrò fare dopo, nè nostalgia per ciò che sta finendo.
Il corso va benissimo così.
L'esatto istante presente e l'intimità della virgola che svolta nell'istante dopo. Amo l'istante e la virgola e il dopo. E la loro esattezza.
D'altronde, ascolto buona musica.
Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è: infinita.
Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è: infinita.
William Blake
(Il signor Aldous Huxley e la signora Betty Edwards spiegano queste cose molto bene, rispettivamente in Le Porte della Percezione e Disegnare con la parte destra del cervello)
7 comments:
Dimenticate a che nome rispondono tutte queste cose, i nomi sono gabbie, siate queste cose.
Merda.
Leggi quel libro di Huxley, Calzino.
Uno dei miei preferiti da una vita.
:)
Thank you very much, Nelson, you're welcome!
Your blog also seems very interesting, I'll read it with attention.
If you want, write in Portuguese, I understand it enough...
Aria pulita. Me la sono sentita nei polmoni mentre ti leggevo. Sono emozionata da questo. Ti sento.
Me too, my lovely DOP.
Al momento, c'è una Volpe orgogliosa, sullo Stretto di Messina. :) Qui e ora.
Saperti orgogliosa di me non è poco, Volpe.
Ti mando la gratitudine su un gabbiano.
Salutami lo Stretto, che mi conosce bene, mi ha fatto fin temere la Signora Morte, anni fa...
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