Friday 9 March 2012

These Boots Are Made For Walking (you ain't had time to learn)

Innanzittutto un paio di stivali.
Un paio di stivali per i miei piedi traditori.
Al destro vengono facilmente crampi; in generale, i miei piedi soffrono esageratamente il freddo.
Ho una discreta resistenza al freddo, mi ci sono addestrata sin da bambina. Ma i miei piedi vanno fuori gioco facilmente. Si gonfiano, perdono sensibilità, mi fanno sentire il freddo che fa male, fanno i capricci, non sanno stare.
Questo non dev'essere un buon motivo per fermarsi.
Basta provvedere. Alla peggio, un paio di calze spesse e una suola che li isoli bene dal terreno, ma i miei piedi non devono fermarsi.
Il mio nuovo vecchio paio di stivali è già morbido: sono usati, sono abituati a prendere la forma dei piedi che camminano. D'inverno potrò indossare tanti paia di calze agilmente. Ma anche con un unico paio di calze leggero, i miei nuovi vecchi stivali si fanno ben calzare dai miei piedi impavidi ma fragili. La forma è quella giusta.
I miei piedi vanno storti sulla Terra, è ormai lampante: ogni mio tacco destro è alto la metà del sinistro. Si logora all'interno. Pensare alla mia camminata come a una cosa sbagliata suggerisce all'hyper-linking-mind una miriade di dubbi. Però non ci bado, sono capricci anche quelli. In ogni caso, bisogna camminare.
Il mio nuovo vecchio paio di stivali viene da un negozio nuovo vecchio a Firenze, mi ci ha portato la mia piccola Rib, che mi maledice perché, coi suoi piedini da bimba alta un metro e un bouquet, non riesce a trovare calzature incazzate che le si addicano rock. Io invece provo tutto e tutto mi va, anche troppo, trovo perfino un trench scamosciato verde sottobosco che, per la prima volta in vita mia, non ha le spalle il triplo delle mie. Praticamente il trench che ho sempre sognato. Ma non lo posso comprare, anche perché costa del denaro che serve ad altro.
Gli stivali vecchi nuovi, invece, la bella e simpatica rocker dietro al bancone me li fa pagare anche meno, mi fa piacere darli a te. Li voleva lei, aveva cercato di farci entrare i suoi piedi per una settimana, ma proprio non erano i suoi. I miei piedi sembra che invece li abbiano già abitati, questi cowboy boots. Per nulla femminili, senza la caviglia stretta che tanto mi garba, se ne vanno su dritti dritti e ricamati texani come due baobab da guerra. La punta è all'insù, ma appena appena, comunque non da deformarmi: i miei piedi ci possono perfino dormire. Non hanno stronzate ad agghindarli, non mi ci impiglierò tra i rami. E i tacchi sono giusto un paio di dita. Sono cowboy boots che devono durarmi una vita, mi dico. Falli risuolare con la gomma, resisteranno il triplo, dice la bella e simpatica rocker dietro al bancone, con la sua chioma rossa e la pelle di porcellana che le bacia gli occhi da femme fatale. Lo farò, bella rocker, devono durare una vita, questi stivali, these boots are made for walking, li rovinerò tanto e li porterò nei posti peggiori, li tratterò senza riguardo; finalmente ho trovato degli stivali che terranno testa alla mia camminata storta e cocciuta.
So poco dei posti in cui camminerò in futuro.
Ho giusto deciso che non decido, non per ora, non per molto, forse decido solo una componente di variazione frequente, soprattutto decido un matrimonio con la serendipità: che sia quel che sia, mi sono addestrata al freddo e ho imparato ad apprezzare anche la più ignobile afa. Non so se camminerò nel caramello o sui chiodi, sulla roccia o sul pavimento di un lucente prefabbricatoduemiladodici, non so se li consumerò presto, i miei stivali, o se riserveranno la loro resistenza per il futuro quello un po' più in là ancora, ma so che innanzittutto voglio essere pronta. Li puoi anche far costumizzare, se ci vuoi la punta in metallo, ci farò mettere una punta in metallo, alla mia già appuntita punta di cuoio. Sappiamo tutti che una punta di metallo su una già appuntita punta di cuoio può essere molto funzionale, per una donna che non sa dove camminerà e che probabilmente camminerà molto da sola. Magari mi servirà solo per smuovere la terra e ritrovare qualcosa.
Non so dove camminerò, nell'imminente futuro, so qualcosa ma ancora poco, e quel qualcosa per ora non va scritto. So che anche se passassi mesi su una poltrona a fissare il muro per sfondarlo con lo sguardo, indossare dei cowboy boots mi farà sentire più ancorata a terra. In fondo, lo so: ho bisogno di qualcosa che mi ancòri a terra, il mio cervello è un palloncino a elio ricoperto di petrolio. Ho bisogno di un'armatura: se starò nell'ovatta, sarà un'armatura da me stessa, se starò nell'acido, sarà un'armatura dall'esterno. Armatura inoffensiva, armatura morbida, armatura parziale (solo ai piedi, solo al punto debole). Ma un'armatura serve, giusto la base per star su. Il corpo può restare in balìa, ma i piedi no. Non finché giocano a fare i piedi traditori col freddo. Per ora riesco a camminare scalza spesso, ma non col freddo. Piedi traditori, ora non mi fregherete più.
Innanzittutto un paio di stivali, nei cui ricami già c'è la polvere che ascolterò blues.


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