Ieri m'era tornato in mente questo schizzo di circa vari mesi fa e avevo deciso di postarlo a breve con il titolo che infatti ho dato a questo post.
La sera, per caso o forse no, mi sono ritrovata a leggere ad alta voce un capitolo quantomeno affine a ciò che intuisco.
L'ho trascritto qui, come promemoria di riflessione per il futuro e per condividerlo, per sapere che pensieri può suscitare in altri.
L'audacia di
lavorare con gli altri porta intuizione, o intelligenza, che a sua volta
conduce al secondo principio della rinuncia: sapere cosa accettare e
cosa rifiutare per il bene degli altri. Prendersi cura degli altri non
significa che il vostro cuore amorevole e aperto è disposto a far
entrare in voi tutte le malattie dell'esistenza. Dovete essere, anzi,
molto sani. Per conservare questa salute dovete sapere cosa fare e cosa
non fare. Ma non dobbiamo diventare dogmatici, non diventiamo persone
aggressive o paranoiche, o degli ipocondriaci. Non possiamo fare tutto,
ma non dobbiamo neppure fare niente. Dobbiamo scegliere. In questo caso,
accettazione e rifiuto non sono espressioni di parzialità verso una
cosa o l’altra; sono molto più incondizionati, e solo un segno di
intelligenza. L’intelligenza ci fa capire cosa fare e cosa non fare. Da
ciò deriva il garbo.
Sappiamo cosa accettare per il bene degli altri e cosa rifiutare per il
bene degli altri. Così tutta la nostra vita, la nostra intera
esistenza, compreso il respiro che entra e che esce, è dedicata agli
altri.
SAPERE COSA ACCETTARE E COSA RIFIUTARE
dal libro Il grande sole d'Oriente, di Trungpa Chogyam
Come mi disse qualcuno, "devo capire alcune cose"...
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